A fine ottobre riprende l’iter in Senato per approvare il ddl Zan
Il ddl Zan tornerà in aula al Senato il 27 ottobre. Dopo la pausa estiva dei lavori del Parlamento, a Palazzo Madama si riprenderà la discussione sul disegno di legge contro l’omolesbobitransfobia, la misoginia e l’abilismo, che porta il nome del deputato del Partito democratico Alessandro Zan, relatore del testo alla Camera. Lo ha stabilito a maggioranza la conferenza dei capigruppo, su input della presidente dei senatori Pd Simona Malpezzi.
“Ora andiamo fino in fondo, fino all’approvazione”, ha scritto su Twitter Alessandro Zan. Toni condivisi e ripresi dalla senatrice Pd Monica Cirinnà secondo la quale è arrivato “il momento di decidere” per poi aggiungere che “i diritti civili e sociali insieme devono essere al centro della nostra azione politica”. Così, dopo mesi di attese, rallentamenti, fake news, ostruzionismi e ingerenze da parte del Vaticano, il prossimo 27 ottobre riprenderà la discussione generale sul disegno di legge contro i crimini di odio, alla quale seguiranno poi le due votazioni sugli emendamenti chiesti da Lega e Fratelli d’Italia.
Cosa dice il ddl Zan
I primi due articoli definiscono e introducono l’orientamento, il genere sessuale e l’abilismo all’interno negli articoli 604 bis e ter del codice penale. Questi stabiliscono l’illegalità della propaganda e dell’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione. Il terzo modifica il decreto legge 122 del 1993, la cosiddetta legge Mancino che prevede, all’articolo 1, il carcere per “chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Nel ddl Zan si estende questo articolo anche ai reati di violenza fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sull’abilismo.
Negli articoli seguenti viene sancita la condizione di “particolare vulnerabilità” alle vittime di violenza basata sui concetti a cui l’articolo 1. Viene istituita la giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia (che cadrebbe il 17 maggio, lo stesso giorno in cui è prevista la stessa ricorrenza a livello internazionale) e sono assegnati 4 milioni per il fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Infine, prevede che l’Istat realizzi, almeno ogni tre anni, una rilevazione per descrivere lo stato delle discriminazioni e delle pratiche violente, e che serva come base per pensare e attuare politiche di contrasto.
Cosa è successo finora
Dal 4 novembre 2020, quando il ddl è stato approvato alla Camera, la legge è rimasta ferma per sei mesi alla commissione Giustizia presieduta da Andrea Ostellari, in quota Lega, che ne ha bloccato la discussione più volte, utilizzando diversi stratagemmi più o meno in linea con i regolamenti del Senato. Alla fine, i lavori in commissione sono cominciati ufficialmente il 25 maggio, con il testo appesantito da 170 audizioni che ne hanno rallentato ulteriormente la discussione.
Da quel momento, la strada verso il voto in aula sembrava essere sgombra, ma il 17 giugno la Segreteria di Stato del Vaticano ha consegnato una nota ufficiale all’ambasciata d’Italia, nella quale la Santa Sede chiedeva al governo italiano di bloccare il testo di legge già approvato alla Camera. Non era mai successo che la Chiesa intervenisse tramite i suoi canali diplomatici per far modificare il contenuto di una legge italiana. Due settimane dopo l’intervento del Vaticano, dalle file di Italia viva è arrivata una proposta di modifica del testo, nonostante il partito di Matteo Renzi lo avesse approvato e votato alla Camera, lo scorso 4 novembre.
Quando potrebbe essere approvato il ddl Zan
Nonostante la riapertura della discussione, la strada per vedere approvato il ddl Zan non è certo breve. Durante i lavori di ottobre dovrà essere terminata la discussione generale sul testo e poi la votazione sugli emendamenti. Quest’ultimo passaggio potrebbe essere particolarmente lungo e riservare alcune sorprese, principalmente a causa di due motivazioni. La prima riguarda il numero di emendamenti presentati a luglio, quasi mille tra quelli di Lega, Fratelli d’Italia e Italia viva.
La seconda dal fatto che le votazioni verranno fatte a voto segreto, con il rischio che qualche rappresentante dei partiti che hanno votato favorevolmente alla Camera decida all’ultimo di cambiare idea. Se l’aula del Senato dovesse approvare anche un solo emendamento, il testo del disegno di legge dovrà tornare indietro alla Camera per essere approvato nuovamente, invalidando così un anno di lavori per dare all’Italia una legge sui crimini d’odio che la metterebbe almeno alla pari con gli altri paesi europei in questa materia.
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