Il Garante ha avviato un’indagine sulle app che rubano i dati attraverso i microfoni degli smartphone

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(foto: Getty Images)

A chi non è mai successo di parlare di cani con il partner e poi trovarsi mille pubblicità di cibo per animali sulle homepage dei social, appena dieci minuti dopo? Bene, non è una strana congiuntura astrale, ma una pratica illegale di marketing utilizzata da diverse app presenti sugli smartphone, che registrano le nostre conversazioni per poi rivendere le informazioni a società commerciali. Lo ha confermato il Garante della privacy, che ha aperto un’indagine sulle cosiddette applicazioni “rubadati” e sul mercato dei dati ottenuti illegalmente.

Secondo l’Autorità per la protezione dei dati personali, i microfoni sempre accesi degli smartphone consentono a diverse app di rubarci informazioni vitali per gli annunci pubblicitari mirati. Un fenomeno, a detta del Garante, sempre più diffuso e pericoloso. Molte applicazioni infatti, tra le autorizzazioni richieste al momento del download, inseriscono anche l’accesso al microfono, una volta dato il proprio consenso queste possono appropriarsi di ogni dato registrato da quel momento in poi.

Il Garante ha sottolineato come questo sia un uso illecito dei dati, portato avanti “alle spalle di persone ignare”, in violazione delle normative sulla tutela della privacy e dei diritti dei consumatori. Per questo ha avviato un’indagine istruttoria in collaborazione con il Nucleo speciale di privacy e frodi tecnologiche, della Guardia di Finanza, al fine di scoprire quali app sono responsabili dell’illecito. Le indagini prenderanno in esame una serie di applicazioni, tra le più diffuse e scaricate, per verificare quali informazioni vengano date agli utenti al momento del download, che queste sia chiare e trasparenti e che il consenso sia stato richiesto e acquisito in modo corretto.

La nuova attività del Garante procede di pari passo con quella già avvitata sulla semplificazione delle informative, attraverso l’uso di simboli e immagini, per garantire in maniera più sintetica ed efficace la comprensione dei termini di utilizzo delle app e assicurare agli utenti la possibilità di prendere scelte libere e consapevoli rispetto ai prodotti che vogliono utilizzare.

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