L’Australia si è mossa in sostegno di Julian Assange
Dopo la rivelazione dei piani della Cia per rapire o uccidere Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, il governo dell’Australia ha rivelato di essersi mosso in sostegno dell’attivista australiano al fine di assicurarne un trattamento “equo e umano”. La ministra degli Esteri Marise Payne ha sollevato il caso durante la sua visita al segretario di Stato degli Stati Uniti, Tony Blinken, mentre i parlamentari del gruppo Bring Julian Assange Home stanno facendo pressioni sul governo perché richieda la scarcerazione immediata del loro concittadino.
“Il ministro Payne ha sollevato la situazione del signor Assange con le sue controparti statunitensi e britannichee più recentemente con il segretario di stato usa Blinken, lo scorso 15 settembre”, si legge nelle dichiarazioni di un portavoce del ministero degli esteri australiano riportate dal Guardian. Secondo il portavoce, il governo avrebbe trasmesso le sue “aspettative di vedere assicurato un trattamento equo e umano al signor Assange, il diritto a un giusto processo, alle cure mediche adeguate e l’accesso al suo team legale”. Ancora, tuttavia, non è chiaro quali garanzie siano state date a Payne e come cambierà l’atteggiamento di Canberra dopo le rivelazioni dei piani della Cia, diffuse da Yahoo news.
Per questo da parte del gruppo parlamentare bipartisan in sostegno di Assange sono arrivate forti critiche verso il governo che, per la portavoce del gruppo Janet Rice, “non può continuare a sostenere la stessa ridicola linea del giusto processo” perché “è ora chiaro, senza ombra di dubbio, che Assange non ha mai ricevuto e non riceverà mai un trattamento equo e un giusto processo. L’Australia non può ignorare questa situazione”. Il gruppo ha quindi sostenuto che il governo dovrebbe chiedere il rilascio immediato di Assange.
Assange si trova da tre anni nella prigione di Belmarsh a Londra, mentre Washington continua a chiederne l’estradizione con l’accusa di aver ottenuto e diffuso documenti classificati statunitensi, relativi ai conflitti in Afghanistan e Iraq e alle pratiche di spionaggio della Cia, andando a violare le leggi sullo spionaggio Usa. L’uso del cosiddetto Espionage Act nel caso di Assange è stato fortemente criticato dalle organizzazioni per la tutela dei diritti umani per le conseguenze sulla libertà di stampa e sulle attività dei giornalisti investigativi in generale.
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