Le alluvioni che hanno flagellato l’Europa questa estate sono legate al riscaldamento globale
Il sospetto c’è stato fin da subito, ora ci sarebbe la conferma: le alluvioni che si sono verificate lo scorso luglio in Germania e in Belgio e che hanno causato ingenti danni e almeno 220 vittime, sono attribuibili al cambiamento climatico. Normalmente, eventi del genere dovrebbero avvenire una volta ogni 400 anni, ma, con l’aumento delle temperature globali dovuto alle attività umane, sono sempre più frequenti e intensi. Il cambiamento climatico, infatti, ha aumentato la probabilità di piogge estreme fino a 9 volte, e l’intensità di precipitazioni del genere fino al 13%. È quanto emerge da uno studio condotto da 39 ricercatori del World weather attribution (un’iniziativa che coinvolge gli scienziati di varie università), basato sui dati delle precipitazioni estive in Europa e su modelli climatici regionali e di ampia scala.
Un legame sempre più stretto
Il nuovo rapporto di valutazione del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), pubblicato lo scorso 9 agosto, ha riportato un incremento, nell’Europa centrale e occidentale, di precipitazioni estreme, inondazioni da piogge ed esondazioni fluviali, che sono destinate ad aumentare nel caso in cui le emissioni di gas serra non vengano drasticamente ridotte e si raggiunga un incremento della temperatura globale di 2°C.
Gli eventi disastrosi di questa estate sembrano confermare le proiezioni: dal 12 al 15 luglio, infatti, in Europa centrale si sono verificate forti piogge che, associate a fenomeni idrogeologici, hanno portato a gravi inondazioni in Germania, in Lussemburgo, nel Belgio e nei Paesi Bassi. Il risultato è stato quello di intere cittadine sommerse dall’acqua, ingenti danni e almeno 220 vittime. La violenza con cui si sono verificati questi fenomeni naturali ha subito fatto pensare che dietro ci siano gli effetti del riscaldamento globale. Tuttavia, l’attribuzione di specifici eventi locali di piogge estreme al cambiamento climatico è difficile anche per gli esperti, a causa della elevata variabilità delle precipitazioni da un anno all’altro, oltre che dalla mancanza di modelli climatici ad alta risoluzione che possano essere applicati a eventi regionali.
A sostegno di questo legame arriva uno studio del World weather attribution, la collaborazione tra climatologi di tutto il mondo creata per fornire valutazioni scientifiche sul ruolo del cambiamento climatico all’indomani di eventi estremi. Scienziati provenienti da Germania, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Francia, Stati Uniti e Regno Unito, infatti, hanno valutato in che misura il cambiamento climatico indotto dall’uomo possa aver aumentato la probabilità e l’intensità delle forti piogge che hanno causato le inondazioni. Idati ottenuti si sono basati su osservazioni dirette, modelli climatici regionali e modelli climatici ad altissima risoluzione che simulano direttamente le precipitazioni.
Inondazioni sempre più intense e frequenti
Quello che emerge dallo studio è che l’intensità e la frequenza delle precipitazioni osservate in Europa questa estate sono maggiori rispetto a tutti i modelli presi in considerazione. Con il clima attuale, infatti, si stima che un evento del genere accada una volta ogni 400 anni. Un incremento della temperatura globale di 1,2°C, tuttavia, ha aumentato, nella regione considerata, l’intensità delle precipitazioni estreme dal 3 al 19%, oltre ad averne incrementato la probabilità che si verifichino da 1,2 a 9 volte.
Questi numeri, secondo i ricercatori, confermano che il cambiamento climatico indotto dall’uomo ha aumentato la probabilità e l’intensità di eventi estremi come quelli dello scorso luglio, che poi hanno condotto, anche a causa di fattori idrogeologici, alle inondazioni. In più i ricercatori prevedono che precipitazioni del genere saranno sempre più frequenti e intense, man mano che il pianeta continuerà a riscaldarsi.
“I nostri modelli climatici all’avanguardia indicano un aumento degli eventi di pioggia estrema in un mondo che nel futuro sarà più caldo“, ha affermato Hayley Fowler dell’Università di Newcastle alla Bbc. Le inondazioni di luglio, infatti, hanno dimostrato che neanche i paesi più industrializzati sono al riparo dagli effetti del cambiamento climatico, e che, soprattutto, non sono pronti a condizioni meteorologiche estreme, che diventeranno sempre più frequenti. “Dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra il più rapidamente possibile, oltre a migliorare i sistemi di allarme e gestione delle emergenze e rendere le nostre infrastrutture “resilienti al clima”, in modo da ridurre vittime e costi“, conclude Fowler.
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