Il rapporto dell’Onu sul clima è un disperato appello affinché ognuno di noi faccia la sua parte
Alla fine quel 9 agosto in cui l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) dell’Onu doveva pubblicare il suo nuovo rapporto sul clima è arrivato. Ed è stata la botta che ci aspettavamo. “Codice rosso per l’umanità”, l’ha definito il segretario generale António Guterres. Nel documento si sottolinea la piena responsabilità dell’uomo nei sempre più diffusi e frequenti disastri meteorologici dovuti ai cambiamenti climatici. Ondate di caldo estremo, siccità, incendi e alluvioni c’erano anche prima, ma ora stanno diventando la nuova normalità in molte aree del pianeta a causa delle attività antropiche, responsabili di un aumento della temperatura media globale di 1,1 gradi dal periodo pre-rivoluzione industriale.
Concentrazioni di CO2 in atmosfera come quelle di oggi non si registravano da due milioni di anni, mentre nuovi problemi vengono tra gli altri dalle emissioni di metano, sempre più massicce. Non ci troviamo peraltro al picco di una situazione in via di guarigione: quella che stiamo vivendo adesso semmai è una preview di una situazione destinata a peggiorare drasticamente anno dopo anno. Che entro il 2030 l’aumento della temperatura raggiunga il dato limite di 1,5 gradi è quasi un’ovvietà, c’è però quel “quasi” che permette una lettura diversa del documento dell’Onu, in una chiave più votata alla speranza.
Vengono i brividi a leggere che il pool di oltre 200 scienziati di tutto il mondo, che ha lavorato al più completo rapporto mai pubblicato sul clima, conferma che siamo immersi fino al collo in un dramma sotto molti aspetti definito “irreversibile”; ma la buona notizia è che nelle conclusioni si sottolinea che in realtà qualcosa si può ancora fare per un’inversione di tendenza che resterebbe comunque dolorosa perché estremamente tardiva. Il nuovo rapporto ci dice, insomma, il peggio che potessimo immaginare riguardo alla situazione in cui ci troviamo, però apre anche un piccolo spiraglio – che non era scontato – sul fatto che non siamo ancora arrivati a un punto di non ritorno. “Questo è il momento, o si agisce ora o non avremo più tempo”, è il disperato appello del presidente della Conferenza mondiale dell’Onu sul clima, Alok Sharma.
Il riferimento è ovviamente alla politica, da decenni più impegnata in iniziative di greenwashing o comunque a basso impatto reale nella lotta ai cambiamenti climatici, ma anche a tutti noi. Nel primo caso la richiesta è che si mettano in pratica politiche che già da oggi consentano una riduzione delle emissioni di gas serra fino all’obiettivo zero entro il 2050. Se così si facesse, contenere l’aumento della temperatura al di sotto degli 1,5-2 gradi sarebbe ancora possibile e questo significherebbe salvare la popolazione globale non dagli eventi estremi, che continueranno a esserci (eccola “l’irreversibilità” del dramma in corso), bensì da una loro degenerazione fuori controllo che metterebbe a rischio l’esistenza delle generazioni future. Al contempo, però, serve che la cittadinanza globale fornisca una stampella a tutto questo, sia sotto forma di un cambiamento radicale di abitudini e stili di vita,sia di una sempre maggiore pressione sui governi perché si adeguino alle richieste urgenti dell’Onu.
“Today’s #IPCC Working Group I Report is a code red for humanity… Global heating is affecting every region on Earth, with many of the changes becoming irreversible.”@UN SG @antonioguterres on today’s release of the #IPCC‘s latest #ClimateReport.
PR https://t.co/07lVptiIW2 pic.twitter.com/Q1jqlFv5YI
— IPCC (@IPCC_CH) August 9, 2021
Se fino a ora la politica si è sempre disinteressata al dossier dei cambiamenti climatici, è anche per l’enorme costo che esso comporta in chiave elettorale. La gestione della tragedia ambientale in corso è dolorosa oggi, ma consegna un mondo migliore domani; far finta di nulla porta invece benefici nel brevissimo termine, ma ha un costo enorme negli anni a venire. I governi ragionano da sempre a corto raggio, più o meno per la durata dei loro mandati, un modus operandi che non può proseguire e che sta a tutti noi interrompere esercitando sempre più pressione al riguardo. Se i politici sono i rappresentanti del popolo, è il popolo che oggi più che mai deve far sentire loro la voce sul clima, far capire che la priorità delle priorità è questa e che verranno giudicati per i loro sforzi al riguardo.
Il coordinamento e la cooperazione è l’unica chiave per la salvezza, lo ha sottolineato lo stesso rapporto dell’Onu, e questo vale tanto per i governi nazionali, che dovranno unirsi in un enorme sforzo transazionale per il clima, quanto per i suoi cittadini che dovranno accompagnare questo processo in modo consapevole. Oggi l’Ipcc ha disegnato un mondo alla deriva, però paradossalmente, in un momento in cui vedevamo tutto nero, non poteva darci notizia migliore, vale a dire che non tutto è perduto. Probabilmente è l’ultima chiamata, e perché non vada sprecata serve l’attivismo di ognuno di noi.
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